venerdì 28 settembre 2012

Postilla

In coda a quanto scritto ieri, sulla condanna di Sallusti.

Viene fuori che non sarebbe Sallusti a nascondersi dietro lo pseudonimo di Dreyfus, ma l'onorevole (?) Renato Farina, già noto come Betulla.

Non solo: dietro al suo falso nome, Farina non esprimeva un'opinione sua, ma distorceva la realtà dei fatti. Il giudice infatti non aveva condannato la minorenne all'aborto, ma lo aveva "soltanto" autorizzato, dopo la richiesta dei genitori, seguendo la legge, giusta o sbagliata che sia.

Rimane il fatto che i 14 mesi di carcere se li prende Sallusti, e non il Betulla.

giovedì 27 settembre 2012

Non funziona così

Ieri Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, si è visto confermare dalla Cassazione i 14 mesi di carcere - senza condizionale.

Perchè?

Nel febbraio 2007, Sallusti ha firmato con uno pseudonimo un articolo per Libero ("Il giudice ordina l'aborto. La legge più forte della vita", scaricabile qui) in cui in buona sostanza raccontava la storia di una ragazzina tredicenne rimasta incinta, di come la famiglia si sia rivolta alla giustizia (?) per risolvere la questione, con buona pace del magistrato che avrebbe decretato l'aborto obbligatorio.
Però poi viene fuori che le cose non stavano proprio così, che di fatto l'articolo era fasullo, e di lì l'accusa di diffamazione nei confronti del magistrato.

Cose che capitano, e che tante volte finiscono con una querela, una multa e del tempo perso.

Questa volta, invece, dopo 5 anni e mezzo, si è arrivati alla condanna definitiva a 14 mesi di reclusione, sentenza contro cui, giustamente, si schiera mezzo Paese.

Ora, al di là del fatto che l'esecuzione della pena sia attualmente sospesa, e che Sallusti nel prossimo mese potrà chiedere misure alternative (servizi sociali, semilibertà, arresti domiciliari e via dicendo), la cosa del tutto senza senso è che il buon Giorgio Napolitano abbia detto che "il Quirinale esaminerà con attenzione la sentenza", e questo dopo che Sallusti ha detto più volte di non voler chiedere la grazia.

Quindi, in pratica, il Presidente interviene a gamba tesa così, quando gli gira, fregandosene del lavoro (anche sbagliato, certo) di giustizia e magistrati? Non funziona così.

Ma forse dovrebbe, chi lo sa.

martedì 25 settembre 2012

Non capiamo mai

Ieri sono dovuto andare a Milano. In macchina.

Ora, ci sono poche cose che mi infastidiscono più di andare a Milano, per di più in macchina, ma se ci aggiungiamo una pioggia torrenziale e la totale impossibilità di parcheggiare (oltre all'incapacità generale alla guida del milanese medio) abbiamo più o meno un quadro completo.

Ma non finisce qui.

Sono partito intorno alle 13, e ci ho messo un quarto d'ora buono a uscire dalla città, perchè a quell'ora tutti i bimbi e ragazzini escono dalle scuole, ci sono due gocce di pioggia, e allora non sia mai che gli si bagni l'iPhone nuovo presogli per la comunione, e allora ecco che tutti i genitori accatastano le auto dove capita, provocando ingorghi senza senso, in ogni strada possibile.

Poi, la pioggia. Tra Novara e Magenta diluviava, un muro d'acqua. E l'asfalto dell'autostrada, quella stessa autostrada che ogni anno si fa pagare sempre più cara, non drenava niente. Sembrava di andare sul ghiaccio. Con i camion - a occupare almeno due corsie, ovvio - che buttavano acqua da tutte le parti. Risultato, velocità di punta intorno agli 80 all'ora. In autostrada, ripeto.

Arrivato poi a Milano, assalito dallo smog e dall'inesistente ospitalità della città, appena ci si avvicina al centro ci si trova nell'assenza assoluta di parcheggi. Di quelli bianchi neanche a parlarne, un paio di quelli blu, e tutti gli altri gialli. Con conseguente perdita di tempo, bla bla bla.

In pratica, andare in macchina (a Milano nello specifico, ma ormai la cosa è sempre più generale) fa buttare via un sacco di soldi, e perdere un sacco di tempo.

Ma forse anche noi non vogliamo che ci si bagni l'iPhone, anche se non ce l'abbiamo, e non capiamo mai.

martedì 11 settembre 2012

lunedì 10 settembre 2012

Come dire





E fu così che sabato scorso i miei amici Manu e Ceci si sposarono.


E' inutile girarci tanto intorno, di solito i matrimoni sono una noia mortale, una giornata intera con tempi troppo lunghi e pause infinite, che portano a inevitabili sbadigli, con i più che si trascinano fino alla consegna delle (spesso orride) bomboniere, pianobaristi di terza categoria, cibo abbondante ma mediocre, trenini sfilacciati, applausi finti, varie, eventuali, con il ritorno a casa che sembra ormai una via di mezzo tra un miraggio e un miracolo.

Ma questo è stato diverso.

Va detto, ho avuto la fortuna anche in passato (più o meno un anno fa, poi a giugno 2012, ma anche in altre occasioni) di partecipare a matrimoni divertenti, alle volte capita.

Sono arrivato in loco già venerdì sera, che l'ultima pizza - e qualche birretta, via - con lo scapolo e i vecchi amici non si rifiuta mai, soprattutto quando poi si rimane svegli fino a tarda ora a chiacchierare e giocare alla playstation.

Senza contare il fatto che poi il mattino dopo, intorno alle 9, facevamo colazione con cornetti appena sfornati e una birretta, giusto per sgrassare e prepararci alla giornata.

Giornata che è poi andata alla grande, dalla cerimonia in chiesa alla fuga degli sposi in Vespa (senza casco, ovvio), dall'aperitivo al pranzo, passando poi agli amari e all'open bar, tutto mentre i trenini su Maracaibo e compagnia bella erano reali e non finti come quelli descritti prima, con sorella e mamma dello sposo ad alternarsi al karaoke nel visibilio generale (mentre il papà dello sposo si intratteneva con chupiti vari insieme ai maschietti della compagnia), fino alla schitarrata da spiaggia finale, ben dopo la mezzanotte, i saluti, gli abbracci, fino alla prossima volta.

Come dire, batte sempre.