martedì 22 luglio 2008

Stay hungry, stay alive!


Sono tornato ieri sera da Barcellona.

Per puro caso, negli stessi giorni in cui ero lì era nei paraggi anche un certo Bruce Springsteen, con tutta la famiglia e, già che c'era, anche con tutta la E Street Band.

E se il buon Bruce si fermava per un paio di tappe in quel del Camp Nou, già che ero lì, mica potevo tirarmi indietro e non andarci anch'io, no?

Amenità e scemenze a parte, avevo preso i biglietti (prato, che domande) per il concerto di domenica 20 luglio già a dicembre, mentre solo una decina di giorni fa ho recuperato quelli (tribuna, e amen) per lo show di sabato 19.
Atterrato a El Prat a metà pomeriggio di sabato 18, per un giorno e mezzo abbondante ho fatto il turista, con la morosa e vari amici springsteeniani che già sapevo di trovare in loco.
Ramblas, Sagrada Familia, Barrio Gotico, tapas, cervezas, palitos e via dicendo, senza esagerare ma al tempo stesso senza farmi mancare nulla, e poi finalmente, intorno alle 21.30 di sabato 19, al Camp Nou, per il primo concerto, seduto (si fa per dire, ovviamente siamo poi rimasti in piedi dal primo all'ultimo pezzo) in un ottimo posto di tribuna, sulla sinistra del palco.
Una scaletta un po' sgangherata, va detto, ma la presenza di Backstreets E Jungleland l'hanno resa indubbiamente godibile.
Finito lo show, abbandono subito l'idea di iniziare immediatamente la fila per il giorno dopo, e torno in albergo per almeno qualche ora di sonno, con l'idea di tornare davanti allo stadio intorno alle 10 del giorno dopo.
Per fortuna riesco a svegliarmi in tempo e anche a fare colazione (zuccheri e liquidi si dimostreranno indispensabili nel corso della giornata), e poco dopo le 10 sono davanti al Camp Nou. Prendo il mio numerino (796) e nel giro di un paio d'ore sbrigo anche la pratica braccialetti (che danno diritto all'accesso nel pit, la zona transennata di fronte al palco) e rimango libero di vagare per qualche ora: ed è sempre un piacere trascorrere le ore di attesa in compagnia delle "familiar faces", quella grande famiglia di fans con cui si condivide sole, pioggia, sudore, insulti, sorrisi, lacrime e quant'altro. Tony, Alessandro, Gabriele, Angela, Rob, Filippo, Mauro, Mario, Daniela, Vittorio, Gianluca, Pierpaolo sono soli alcuni dei personaggi con cui ho viaggiato, chiacchierato, mangiato, diviso stanze d'albergo, commentato senza voce al mixer alla fine, riso, pianto, aspettato.
Intorno alle 17 ci rimettiamo più o meno ordinatamente in fila, e ci prepariamo allo sprint finale, quello in cui per qualche attimo le amicizie si interrompono, non si guarda in faccia a nessuno, si dribblano i buffi ometti della security e si corre con l'unico obiettivo della transenna. In più c'è da dire che lo stadio in sè non aiuta: almeno trenta scalini ripidi in discesa, e poi una decina in salita, con la rampa finale che è larga per una persona appena; non solo: sul campo ci aspetta un telone in cui i piedi sembrano affondare, con la corsa che quindi viene rallentata.
I mesi di corsa pagano, e riesco a bruciare 2-300 numeri, arrivando brillantemente davanti al palchetto di destra, assicurandomi quindi di avere Bruce a mezzo metro in almeno un paio di occasioni.
Le quattro ore e passa che mi separano dall'inizio del concerto scorrono abbastanza rapidamente, e poco dopo le 22 le luci del Camp Nou gremito si spengono, e parte la classica musichetta di intro. Di lì in poi, saranno tre ore di rock e divertimento puro, senza sosta: una bellissima versione di This hard land, l'accoppiata elettrica Youngstown - Murder Incorporated e I'm going down sono solo alcuni dei pezzi che risalteranno nella scaletta (anche se, quando ho letto che su quella manoscritta era prevista Drive all night, mi sono morso le mani fino ai gomiti), fino alla grande festa finale con figli dei vari componenti della band sul palco, Evan James Springsteen alla chitarra acustica, American Land e Twist & Shout, con tutto lo stadio in delirio.
Alla fine, mentre contavamo i menischi distrutti nel corso della serata, i dolori vari ed eventuali, la stanchezza, il sudore e la fame, le facce erano un po' assonnate ma contente, felici di aver assistito all'ultimo atto europeo di questo tour.
Personalmente, mi ha fatto un po' impressione vedere l'enorme sassofonista nero Clarence Clemons che veniva trasportato dai camerini al retro palco (20-30 metri, non di più) con una macchinetta da golf, e la sua lunga e lenta uscita di scena a fine show non ha fatto che confermare le sue precarie condizioni di salute. Ma ci voglio credere, il Big Man ha ancora delle cartucce da sparare.

Dopo aver raccattato un panino e una birra (in Spagna non c'è l'abitudine dei porchettari nostrani, quindi l'impresa è stata ardua), grazie alla strepitosa organizzazione iberica ci siamo fatto il lungo viaggio verso l'albergo a piedi, raggiungendo il materasso alle 3.20 abbondanti.
Il mattino dopo, un breve giro per la città, due acquisti dell'ultimo momento e poi via verso l'areoporto. Al terminal, nemmeno a dirlo, è stato tutto un fiorire di magliette di Springsteen, braccialetti del pit, numeri sul dorso delle mani.
E sorrisi da tutte le parti.

Stay hungry, stay alive!

mercoledì 16 luglio 2008

News of the World


Negli ultimi giorni sono successe un po' di cose, facciamo un breve sunto, tanto per non lasciare nulla al caso.

1. Eluana. Saranno dieci giorni ormai che si discute la sentenza che permetterebbe di staccare le macchine che alimentano in modo artificiale la povera ragazza ormai da anni in stato vegetativo (e senza alcuna speranza di miglioramento). Ora, io concordo con chi la definisce, di fatto, un'eutanasia. Non nascondiamoci dietro a un dito, tra far terminare in modo attivo, con un'iniezione o quello che sia, la vita di una persona, o invece in modo "passivo", smettendo di darle da mangiare e da bere, la differenza è davvero poca.
Comunque, dicevo, concordo con chi sostiene che sia di fatto un'eutanasia, ma non sono certo contrario. Se è vero che siamo su questo mondo per qualche motivo, e che si spera - a prescindere dalla religione - in un qualcosa dopo, credo che Eluana abbia già fatto tutto quello che poteva, e che quindi le dovrebbe essere concesso di arrivarci il prima possibile, in questo dopo.
Non credo che le polemiche si spegneranno molto presto, staremo a vedere.

2. Matteo Cambi. Non mi è mai stato simpatico, non l'ho mai apprezzato come persona o come imprenditore. E' semplicemente uno che ha avuto il denaro e la fortuna per disegnare (probabilmente dopo un centinaio di canne) una margherita sgangherata su una maglietta, per metterla addosso a qualche calciatore in discoteca e farla quindi diventare un marchio di successo, arrivando a guadagni devastanti.
Peccato però che il pirletta volesse fare un po' troppo il grand'uomo, e quindi ecco che in pochi anni riesce a bruciare circa 60 milioni di euro.
Fin qui tutto bene (si fa per dire), ma secondo me c'è qualcosa che non quadra. Come si fa, infatti, a bruciare completamente sessanta milioni di euro, più il capitale della società e tutto il resto, arrivando a un totale che sarà almeno il doppio? Io sospetto che sotto ci sia qualcosa di più o di più grosso, probabilmente qualche traffico illecito. O altrimenti, se queste sono solo fregnacce, allora Matteo Cambi è uno dei più grandi deficienti della storia.

3. Ronaldinho al Milan. Dopo mille batti e ribatti, finalmente ieri sera è stato ufficializzato il passaggio del brasiliano al club rossonero, con un contratto di circa 21 milioni di euro per tre anni.
Meno male che la telenovela è finita, personalmente non ne potevo più. Ma a parte questo, entrando nel solito ruolo da c.t. del lunedì, al Milan serve davvero un giocatore come Ronaldinho? Penso di no, avrebbe fatto meglio a rinforzare la difesa, e a cercare qualche centrocampista arretrato. Ma al Milan serve il personaggio Ronaldinho, qualcuno che sposti i riflettori lontano dall'Inter di Mourinho, cercando di tornare al centro dell'attenzione, sia mediatica che - immagino la speranza sia questa - calcistica.

p.s. ciao Gianfranco!

venerdì 11 luglio 2008

La fuffa dell'iPhone


Non so a voi, ma a me tutto questo polverone sollevato dall'arrivo dell'iPhone ha bellamente rotto le scatole.

Tra ieri e oggi, TUTTI i telegiornali e quotidiani hanno dedicato servizi, foto, articoli al telefonino di casa Apple, andando così a regalare una pubblicità gratuita di impatto notevolissimo.

Che poi, "regalare" è una parola grossa: al momento l'iPhone è acquistabile attraverso Tim e Vodafone, che guarda caso si distinguono come big spenders proprio sugli stessi giornali e sulle stessi rete televisive che tanto spazio hanno dedicato al nuovo melafonino. Sarei quindi troppo malizioso, se pensassi che con una telefonatina (e di nuovo) le alte sfere avessero chiesto ai vari redattori di spingere un po' il loro prodotto, creando così un nuovo caso mediatico? Non credo.

Ma al di là di questo, lo scandalo vero e proprio è rappresentato dalle file che le persone hanno cominciato a fare già ieri pomeriggio, per poter comprare l'iPhone all'apertura dei negozi, questa mattina (e figuriamoci che qualcuno ha anche predisposto un'apertura notturna, sull'esempio dei libri di Harry Potter e compagnia bella). Pazzesco. Pazzesco anche perchè sono ormai mesi se non anni che si va avanti a discutere del caro petrolio, dell'aumento incontrollato dei prezzi, del fatto che non si arriva alla fine del mese, e poi, tac, ecco che la gente fa la fila per spendere un sacco di soldi (da 399 a 599 euro, se non ho capito male) per mettersi in tasca un telefonino.

Ma parliamo, rapidamente, proprio dell'iPhone.
E' bello? Sì, è innegabile, in casa Apple badano sempre all'estetica con grande cura, e anche questa volta il risultato è ottimo.
E' piccolo? Certamente no. E in questo mondo in cui avercelo grosso non va più di moda, ma anzi, si fa di tutto per averlo il più piccolo possibile, i suoi 115,5mm x 62,1mm x 12,3mm, uniti a un peso di 133 grammi, non lo rendono così appetibile.
Ha funzioni pazzesche e innovative: sì e no. Perchè se da una parte il touchscreen sembra davvero proiettato verso il futuro, dall'altra l'incapacità di inviare MMS, ipotizzando un utilizzo a tutto campo dell'email anche sul cellulare, lascia abbastanza perplessi.

In definitiva, personalmente non lo comprerei mai, e butterei via 399 euro (o 599) per qualcosa di più furbo.

Questo, ovviamente, arrivando alla fine del mese senza grandi sforzi.

mercoledì 9 luglio 2008

Va bene tutto, però...

Come ormai tutti saprete, ieri si è consumata quella nefanda tristezza della merenda (come altro chiamarla? comizio no, girotondo no, assemblea no...) di Di Pietro, nel bel mezzo di Piazza Navona, mica sul lido di Ostia.

Tonino (con un'orrida camicia bianca che gli permetteva di sfoggiare il fisico scolpito) si è quindi unito ai suoi compagni di merende Travaglio, Guzzanti, Grillo (al telefono, probabilmente aveva di meglio da fare che perdere tempo a Roma) e compagnia cantante.

Tutti insieme, con uno sforzo di cervello evidentemente devastante, hanno trasformato quella che poteva essere una - rispettabile, anche se non condivisibile - manifestazione di dissenso in un baraccone, una goliardata sfuggita di mano, un qualcosa di grottesco, brutto, inutile e di cattivo gusto.

Povero, Tonino. Lui, che dice di mettere apposta errori di italiano e grammatica nei suoi discorsi, perchè sì, perchè così risulta più simpatico alla folla, non ce l'ha fatta. Non ce l'ha fatta a mantenere una linea critica ma al tempo stesso pacata e credibile, mandando all'aria la merenda di ieri e beccandosi ingiurie, critiche, cazziatoni e via dicendo quasi da ogni forza politica.

Sono il primo a difendere l'ironia sulla politica, perchè è giusto che sia così, come è giusto che la satira (quella buona, e ormai ne è rimasta poca) abbia il suo spazio sulle tv come sui giornali. Ma non sono certo il primo a dire che cose di cattivo gusto come quelle che ha sputato fuori ieri la Guzzanti vanno al di là di ogni schieramento, al di là di ogni cervello e intelligenza, vanno al di là e basta.

Oltre al fatto che sono trovate di basso rango. Sono venute fuori le intercettazioni di presunte raccomandazioni del Silvio, ok, tutti d'accordo. Ed ecco che la Guzzanti non trova di meglio da fare che intonare una canzoncina da osteria mettendoci dentro lo stesso Silvio impegnato in turpi attività con Mara Carfagna, senza lesinare su particolari più o meno bollenti. Ovvio che Mara l'abbia querelata seduta stante, ci mancherebbe altro.
Ma come se non bastasse questo, la Guzzanti se l'è presa pure col Papa, dicendo nefandezze che preferisco non riportare, non tanto perchè il Pontefice mi stia particolarmente simpatico, ma perchè penso che ci sia un limite da non superare, e qui invece, come si dice in buon italiano, si è abbondantemente pisciato fuori dal vaso.

Spero solo che il nostro amico Benedetto XVI non sporga querela, non si abbassi al livello di Guzzanti, Travaglio, Di Pietro, Vanni e Pacciani. Non c'è problema. Basta sibilare qualche parolina all'orecchio delle fide Guardie Svizzere, che vadano a dare una bella mazzolata notturna a quel branco di debosciati.

E poi vedremo, chi ride ancora.

giovedì 3 luglio 2008

Ancora una volta, donne

Il Magazine del Corriere della Sera in edicola oggi sbatte in copertina quel gran pezzo di figliola che è Ana Ivanovic. Che tra l'altro, giusto per gradire, si è portata a casa poche settimane fa il trofeo del Roland Garros, ed è diventata numero 1 del mondo.

Ovviamente il Magazine giunge tardi, su queste pagine virtuali ci si era già occupati della bella Ana a marzo...

Nel frattempo, approfitto per segnalare un'altra triste dipartita per chi bazzica le vie intorno alla E Street: alla veneranda età di 93 anni, Madame Marie, la cartomante di Asbury Park, se n'è andata per sempre. Sul sito della Asbury Park Press se ne può leggere qualche riga, mentre sul suo sito ufficiale è lo stesso Springsteen a ricordarla.

Io preferisco farle il mio (minuscolo) omaggio riportando la strofa di 4th of July, Asbury Park (Sandy) che la riguarda:

Sandy, the angels have lost our desire for us
I spoke to 'em just last night and they said they won't set themselves on fire for us anymore
Every summer when the weather gets hot they ride that road down from heaven on their Harleys they come and they go
And you can see 'em dressed like stars in all the cheap little seashore bars parked making love with their babies out on the Kokomo
Well the cops finally busted Madame Marie for tellin' fortunes better than they do
This boardwalk life for me is through
You know you ought to quit this scene too