lunedì 29 ottobre 2007

Furfante ammeregano


Grazie ai potenti mezzi di internet, ieri sera mi sono gustato tutte le 2 ore e 37 minuti di American Gangster, pellicola che sbarcherà nelle sale italiane, complice la sapiente programmazione tricolore, solo a metà gennaio.

Che dire, il film è molto, molto bello.

E' costruito ad arte, per raccontare la saga criminosa di inizio anni '70 di Frank Lucas (Denzel Washington) che, morto il suo mentore, si dà da fare e riesce a sopravanzare tutti, famiglie mafiose comprese, in quel di New York, per diventare un vero e autentico gangster americano.

Dall'altra parte c'è l'onestissimo Richie Roberts (Russell Crowe) che mette su una squadra narcotici al volo e comincia a indagare sul traffico di droga di NY e del New Jersey, fino al momento in cui, inevitabilmente, la sua strada si incrocerà proprio con quella di Lucas.

A gestire i due premi Oscar, uno più bravo dell'altro (ma è Washington a tenersi quasi tutto il film sulle spalle) c'è quel vecchio volpone di Ridley Scott, che, presi appunti da Scorsese e De Palma, mette in scena un ottimo film, con un respiro volutamente ampio ma al tempo stesso un buon ritmo, senza sbavatura alcuna.

Una postilla: nei dialoghi sono abbastanza importanti i vari giochi di parole e soprattutto gli accenti dei personaggi, che temo andranno perduti nel doppiaggio. Una ragione di più per - potendo - guardarlo in originale.

venerdì 26 ottobre 2007

C-C-C Cambiamenti

La vita virtuale cambia, un po' al ritmo di quella reale e un po' no, come ho scritto qualche giorno fa.

E allora, sull'onda della riflessione, ho deciso di buttare una ventata d'aria nuova e cambiare un po' il layout e le impostazioni del blog. Niente di clamoroso, nessun cambiamento radicale, ma era una cosa che andava fatta da tempo, e che solo per pigrizia avevo continuato a rinviare.

L'opera non è ancora conclusa, ci saranno ulteriori piccole variazioni, ma il più è fatto.

Piacerà? Non piacerà? A me garba abbastanza, spero che siate della mia stessa idea.

E nel frattempo, tanto per non lasciare niente di sottinteso, c'è qualcun altro che dovrebbe capire che l'ora del cambiamento si avvicina. Infatti, mentre oggi lo psiconano Berlusconi viene assolto in cassazione dopo la lunga trafila del processo Sme, ieri il governo di Brodo veniva sconfitto a ripetizione. Non so più quante volte è stato brutalizzato, ho perso il conto intorno alle settima.

Tra i sorrisi sornioni del birichino Gualtiero Veltroni, che si fa scudo della kermesse del cinema romana per rimettere il mandato da sindaco della Capitale e dedicarsi in toto al Piddì, le schermaglie Di Pietro - Mastella e i tristi rantoli della fu Maggioranza, qualcuno dovrebbe comprare una bella agenda e capire cosa fare del proprio futuro.

The future is whatever you make it, diceva il saggio Emmett "Doc" Brown.

martedì 23 ottobre 2007

Ch-ch-ch Changes


Dall'arrivo di internet nelle nostre case, e a maggior ragione dall'arrivo della banda larga quasi ovunque e con canoni abbordabili, le cose sono cambiate, è inutile nasconderlo.

Negli ultimi anni, un florilegio impazzito di forum, blog, myspace, msn e quant'altro ha invaso, o occupato, il nostro spazio personale, rendendo l'interazione uomo-macchina, paventata già decenni or sono, ancora più attuale e vera, anche se parzialmente a livello inconscio.

Qualche tempo fa ho letto dati pazzeschi sulla quantità di tempo impiegato (ma talvolta sarebbe meglio dire, banalmente, perso) su internet, sia sul lavoro che nelle ore libere. Impressionante.
Se aggiungiamo le ore buttate a ciaciarare al telefonino, o a comporre meccanicamente messaggini (chi è senza peccato scagli la prima pietra), penso si arrivi a un monteore davvero inquietante.

E pensare che qui, una volta, era tutta campagna.

Nel senso che i blog NON C'ERANO. E nemmeno i forum, msn, myspace, sms, cell, tric trac troc.

Non sto parlando di preistoria, internet è arrivata più o meno nella metà degli anni '90, e i cellulari poco dopo il 2000 (parlo di un'invasione di massa, non di chi utilizza entrambi gli strumenti per lavoro).
Dieci anni, malcontati, e patatrac. Oggi siamo tutti qui non in grado di immaginare una vita senza cellulare (beato chi ne ha solo uno) o senza internet; già, come faremmo a campare, senza tutto il nostro traffico di mail internazionali o senza i nostri post sul forum preferito, atti essenziali per la salute del globo terracqueo.

Badate, non sto mettendo in piedi un'invettiva contro la tecnologia o la comunicazione sempre più allargata, ci mancherebbe. Solo che, nel momento in cui ci si ferma a riflettere un attimo, ci si accorge davvero di come le cose siano cambiate. Anche solo quest'estate, nei dieci giorni che ho trascorso in Grecia, senza computer e con un uso totalmente ridotto del telefonino, mi sembrava di essere tornato indietro di dieci anni, e non per forza in senso negativo.

Cos'è internet, in fondo, per chi non lo usa a livello lavorativo? Una grande piazza, un grande bar, una città, in cui ognuno pensa di essere libero di essere se stesso, e quindi di scrivere, ciarlare, disegnare, immaginare.

C'è qualcuno dietro a quell'avatar?

giovedì 18 ottobre 2007

Ho visto la luce (5 anni fa)




18 ottobre 2002.

Un treno preso nel cuore della notte, quando nemmeno gli anziani che bevono l'inevitabile bianchino sono già al bar sotto casa.
Cambio volante a Milano centrale, poi giù verso Bologna.
Sciopero generale. Di qualsiasi mezzo.
Qualche kilometro a bordo di un lungimirante pullman, poi un piede dietro l'altro, finchè la sagoma di un'enorme testuggine addormentata si staglia all'orizzonte.

Il PalaMalaguti.

Stasera suonano Bruce Springsteen & The E Street Band.

Per qualche strano motivo, e per una serie di casi incrociati, ho aspettato fino al Rising Tour per venire a vederli dal vivo, ma poco dopo le nove di mattina sono davanti ai cancelli, la transenna davanti al palco non me la leva nessuno. Nella fila - quasi - ordinata davanti al cancello 5, mi vergano un numero sulla mano con un pennarello, sarà il mio segno di riconoscimento e la mia salvezza, quando il sangue diventerà troppo caldo nelle vene e mancherà poco all'apertura.

Nel corso della mattinata e del pomeriggio, tra un panino - pagato a carissimo prezzo - con salamella e cipolla e una birra, faccio conoscenza con personaggi più o meno carismatici del sottobosco springsteeniano.
Perchè quando diventi springsteeniano lo devi capire, che compri tutto il pacchetto.
Non basta qualche vinile, qualche musicassetta o qualche cd. Non basta qualche sporadico concerto quando il tour tocca l'Italia.
Ci vogliono appostamenti davanti alle prevendite per i biglietti, ascolti meditati e ripetuti del nuovo disco, lunghi discorsi filosofici su questo o quel testo, notte all'adiaccio con il sacco a pelo incastrato sotto i cancelli di stadi e palazzetti, corse a perdifiato fino alla transenna, stigmate della transenna stessa sul costato, appostamenti davanti agli alberghi in ogni parte d'Europa o del mondo, feste di fan, chitarre acustiche nere, citazioni per ogni dove. Questo, e molto altro, vuol dire diventare springsteeniano.

Ma io, che ho sfoderato il mio primo cd di Bruce (un triplo, in realtà: "Live 1975-85") nel lontano 1986, sfuggendo per un soffio alla croce e delizia di Born in the USA, che ho poi recuperato con tutta calma e con tutti i suoi problemi poco più tardi, sono preparato.
Tanto che, quando dico in tutta tranquillità che spero non faccia Part man, part monkey perchè la considero uno dei punti più bassi di tutta la produzione, qualcuno strabuzza gli occhi, sfogliando mentalmente il catalogo di Springsteen senza trovare risposte.

Il pomeriggio scorre tranquillo, un po' di trambusto all'apertura dei cancelli, la corsa più veloce del mondo verso la transenna, l'assenza del pit, la presenza di un pugno di raccomandati (che vengono spediti nelle retrovie in poco tempo, che qui non è cosa da signorine), l'attesa che sale, e poi le luci che si spengono.

Tutto inizia, ed è un vortice, che va a mille all'ora dal primo all'ultimo pezzo. E oltre.

Sì, oltre, perchè quando Bruce si alza dal pianoforte, dopo aver suonato le ultime note di Thunder Road, saluta il pubblico e scende dal palco, quando i roadies cominciano a spuntare fuori da ogni angolo per mettere via tutto e prepararsi a una nuova tappa del tour, noi zoccolo duro non molliamo. Non molliamo, e urliamo il coro finale, ripetendolo con la grinta e il fiato che ci rimane.
E allora Bruce guarda fuori, ammicca, probabilmente guarda la moglie Patti con una smorfia che significa "che posso fare, mica posso rimanere qui sotto o andarmene via così", e torna fuori, a luci già accese, si siede nuovamente al piano e lascia partire le dita un'ultima volta, tra gli applausi, gli urli e qualche lacrima.

Perchè Springsteen è così, non sai mai cosa ci si può aspettare, ad ogni concerto, ad ogni occasione ne salta fuori una nuova.

Cinque anni dopo, ho undici concerti sulle spalle (107 canzoni ascoltate dal vivo, scusate se è poco), e altri due già in programma tra poche settimane.
Ma quel giorno, quel 18 ottobre 2002, ho visto la luce.

Nobody wins unless everybody wins. Come on!

lunedì 15 ottobre 2007

Democrazia Vera


Eh , alla fine ci sono state le primarie, il Partito Democratico, nani, comici, cantanti.

Diciamo la verità, hanno fatto di tutto per mantenere la serietà, consci probabilmente di essere ridicoli a prescindere da ogni iniziativa, poverini.

Già, poverini.

Tutti lì, nell'immediato post-voto, a fingere lacrime da coccodrillo, a inscenare abbracci, a sputare sorrisi e a bearsi - beoti - di più di tre milioni di votanti, accorsi alle urne come alla ricerca del Santo Graal, sperando in un nuovo Eletto a traghettare il Paese verso un eremo migliore. Tre milioni e passa di persone, "un sogno che si avvera", latra stolido qualcuno. Peccato però che, con i metodi squadristi messi in campo per queste primarie, tre milioni di votanti li avrebbe trovati anche Paperino. La regola voleva che potessero votare tutti i cittadini in possesso della tessera elettorale, nonchè gli extracomunitari con permesso di soggiorno e i minorenni con un minimo di 16 anni. E fin qui, nulla di strano. Ma la regola voleva anche che si potesse votare una volta sola.
E mentre Fassino, in tutta la sua imponenza, tuonava a SkyTg24 che le votazioni erano state del tutto regolari, Striscia la Notizia - forse unica roccaforte del giornalismo italiano, ricordiamolo - smascherava platealmente le urne di Ridolini, mostrando fino a cinque voti di una singola persona, senza problema alcuno. Tutti liberi di votare a ripetizione, una democrazia vera, dunque.

E ancora, il buon Gualtiero Veltroni, tutto gongolante per il suo 75% abbondante di preferenze. C'era qualche dubbio? Tra i sinistri, c'era forse una minima possibilità che venisse Unto Enrico Letta, con la sua faccia da giocatore incallito di Subbuteo? O ancora peggio Rosy Bindi, che tenta di svestire i panni della suorina parlando addirittura di peccato originale, quando i dubbi sulla sua inviolata virtù sono saldi in tutti quanti? Se gli avversari di Walter fossero stati degni di questo nome, si sarebbe potuto parlare di scontro, di confronto, di sfida. Ma in questo caso, già di nuovo, Paperino avrebbe preso più voti di Letta e Bindi, sicuramente. Per tacere di Veltroni.

Chiudo con il Mortadella, che ha fatto buon viso a cattivo gioco, probabilmente non capendo di quale gioco si tratti, e ha parlato di vittoria contro l'antipolitica, riferendosi - ovvio - al Grillo nazionale, vero e proprio sassolino ingombrante nelle scarpe di fin troppa gente.
Ma il Curato Bonario ha capito o no che chi si è recato alle urne per le primarie - a prescindere dal numero - ha messo un segno sulla scheda per cambiare qualcosa, in primis il Governo attuale?

Quanta confusione, in Italia.

giovedì 11 ottobre 2007

Computer per bambini

Ne ha parlato Beppe Grillo nel suo spettacolo di ieri sera a Novara, e giustamente sono andato a documentarmi.

Per farla breve, qualche anno fa il guru informatico Nicholas Negroponte, fratello del diplomatico John, si è messo al lavoro per inventare - letteralmente - un computer che costasse 100 dollari, da fornire ai Paesi del Terzo Mondo e nello specifico ai bambini, per poterli tenere più vicini al mondo civilizzato, e un minimo al passo coi tempi.

Gentaglia come la Microsoft di Bill Gates e altri colossi gli hanno riso in faccia e non si sono degnati di dargli una mano, probabilmente celando malamente una paura enorme, ovvero quella del crollo dei prezzi di mercato dei pc, con una conseguente perdita per tutti loro.

Ma oggi, dopo anni di studio, pare che l'XO-1 stia per diventare una realtà. Unico difetto, non costa 100 dollari, ma poco meno di 200, con un po' di sforzo si riuscirà a dimezzare il prezzo nel giro di qualche anno. Comunque sia, il costo diventerebbe l'ultimo dei problemi (anche se c'è già chi si lamenta e latra "i poveri non hanno 200 dollari!"), nel momento in cui si riuscisse davvero a raggiungere tutto il mondo o quasi, con questo strumento straordinario che è la Rete.

Il pc è di tutto rispetto: processore AMD, memoria flash da 1gb, 256mb di ram (non dimentichiamoci, stiamo parlando di Terzo Mondo) e, soprattutto, un wi-fi certificato 802.11. Non solo, alle spallucce di Microsoft e compagni hanno risposto vigorosamente i cultori dell'open source, ed ecco venir fuori un sistema operativo targato Linux, un browser targato Firefox e via dicendo.

Naturalmente, nel corso di questi anni di studio le notizie che sono arrivate sull'XO sono state poche e confuse, perchè, ancora una volta, è un progetto che in qualche modo va contro gli interessi dei colossi informatici mondiali. Ma, incredibile a dirsi, sul Magazine del Corriere della Sera di oggi c'è addirittura un articolo di due pagine sull'argomento, in bilico tra critica e lode, ma tutto sommato abbastanza neutro.

I tempi sono maturi, per questo computer per bambini che farebbe la gioia di tanti adulti? Non ancora, probabilmente.

Ma arriveranno.

Stay tuned.

p.s. altra cosa che ha detto Grillo, un blog senza commenti non ha senso, uno sta lì, racconta i fatti suoi e buonanotte. Visto che le visite - poche ma buone - ci sono, non esitate, gente, e commentate.

lunedì 8 ottobre 2007

Ragione per Credere


Come ho già avuto modo di scrivere, sono un fan accanito di Bruce Springsteen.

E quindi mi sono gustato i primi album "per pochi intimi", la parentesi acustica di Nebraska, ho attraversato la croce e delizia di Born in the USA, l'abbandono della E Street Band, i due dischi con gli Scalzacani, il tour solista di Tom Joad, il ritorno con la band, il Reunion Tour, l'11 settembre, The Rising, di nuovo il Bruce acustico e poi quello folk delle Seeger Sessions.

Dopodichè, si riattacca la spina e si torna elettrici. Con la band. La Band. La E Street Band.

Ci si poteva aspettare qualsiasi cosa da questo album, già dal titolo, "Magic". E, come ho detto, dopo molti ascolti il voto è sufficiente.
A mente fredda, però, il voto è solo sufficiente. Un sei in pagella. Che lascia l'amaro in bocca, diciamolo.
Canzoni che sembrano slegate tra loro, senza un fil rouge a unirle, prodotte in modo del tutto discutibile, con sovraincisioni infinite, che altro non fanno che sminuire la voce di Springsteen, ancora solida a 58 anni. La prima metà del disco, soprattutto, regala cose già sentite, poche novità, e il lato B migliora, senza dubbio, ma se è abbastanza semplice trovare brani di qualità, è invece molto difficile scovare un capolavoro, o qualcosa che rimarrà nel tempo.

Sudore freddo.

E dal vivo?

Bè, signori miei, dal vivo la E Street Band avrà anche un'età media sopra i cinquant'anni, avranno anche il fiatone e l'artrite, figli e nipoti staranno tirando la giacchetta e i talloni di Bruce gli faranno anche un male bestia dopo tutta la serata passata a pestare sul palco, ma fanno ancora la loro porca figura.

Ho visto il video di Reason to Believe, dalla serata di Hartford, lo scorso 2 ottobre, e mi è bastato.

C'è ancora una Ragione per Credere.

giovedì 4 ottobre 2007

Pagliacciate

Sono juventino, va detto.

E quindi va da sè che mi sia beccato per anni tutta la trafila delle mazzette agli arbitri e quant'altro, fino a Calciopoli, il vaso di Pandora che si scoperchia, un anno di Purgatorio in B, il ritorno in A, il buon inizio di questo campionato e via dicendo.

Ma, da juventino, non mi sono mai vergognato come devono aver fatto i milanisti ieri sera.

E non tanto per la prestazione sottotono o per la sconfitta contro un avversario del tutto abbordabile in Champion League, ma per la sceneggiata pessima di Dida. Ha subito gol? Sì, certo, quello è ovvio. Ma poi un tifoso, a fine partita, è entrato in campo e gli ha dato una carezza, un buffetto sulla guancia. E Dida - che, ricordiamolo, non è proprio un pigmeo - giù a inseguirlo, per un paio di metri, salvo poi crollare a terra in modo davvero vergognoso. Barella, ghiaccio in faccia e tutto il resto, roba che nemmeno Mario Merola.

Vedere per credere:









Che dire? Vergogna.

E pensare che adesso salta fuori un accordo quasi trovato con Buffon, prima di rinnovare il contratto a Dida fino al 2010...

lunedì 1 ottobre 2007

Cronache Sportive

Lunedì mattina.

Si torna al lavoro, si fanno file senza senso agli sportelli vari ed eventuali e, immancabilmente, si commenta il week-end di sport appena finito.

Che dire, di carne al fuoco ce n'è stata, e non poca.

Cominciamo col dire, con somma tristezza, che l'Inter ha umiliato la Roma all'Olimpico. E' stata una partita senza storia, quindi non perdiamo tempo a commentare e chiudiamola qui.

Sabato sera, poi, l'Italia del rugby ha concluso con onore la sua avventura mondiale. Senza nemmeno subire una meta dagli scozzesi, con qualche errorino di troppo ma senza sbavature madornali, il 18 a 16 che ci manda a casa è amaro, ma ci regala un po' di fiducia in vista del Sei Nazioni del prossimo inverno. Tristi ma bellissime le immagini finali, il saluto del capitano Troncon, che lascia in lacrime la maglia della Nazionale dopo 101 gare disputate (e più di 100 punti di sutura tra faccia e testa).

All'alba di domenica, sotto il diluvio universale della pista di Fuji, la Ferrari si complicava inutilmente la vita montando gomme intermedie, con cui ovviamente galleggiava sul lago giapponese, rendendo le rosse del tutto simili a gommoni impazziti. Alonso, probabilmente troppo impegnato a inventare nuovi insulti per Hamilton e per la McLaren, pensava bene di andare a schiantarsi contro un muro, mettendo buona parte del titolo nella cassaforte del compagno di squadra. Siamo ormai alla fine del campionato, le speranze riposte in Raikkonen rimangono davvero poche.

Per chiudere la domenica sportiva, dopo un "clamoroso a San Siro", con il Milan che riesce appena a raggiungere un pareggio su rigore con il Catania, la Juventus vince il derby di Torino, con un gran gol al 93' di Trezeguet. E giù tutti a pontificare su fuorigioco e via dicendo, ma c'è poco da fare. Rete regolare, triplo fischio, tutti a casa.


Senza dimenticare, con un pizzico di campanilismo più che giusto per le Bianche Casacche, che la Pro Vercelli ha vinto in casa 2 a 0 con il Pergocrema, disputando una grande partita. Finalmente.